Cellule Staminali Mesenchimali per la Cura del Parkinson
Cellule Staminali Mesenchimali nel Trattamento e Cura del Morbo di Parkinson
Il morbo di Parkinson è una delle malattie neurodegenerative più diffuse al mondo, caratterizzata dalla progressiva perdita di neuroni dopaminergici nella cosiddetta substantia nigra del cervello.
Questa condizione ha come conseguenza primaria i sintomi motori distintivi della malattia: tremore a riposo, rigidità, bradicinesia e instabilità posturale, ma anche sintomi secondari di importanza rilevante.
Nel suo complesso, la malattia impatta significativamente sulla qualità della vita dei pazienti, influenzando non solo la mobilità ma anche importanti funzioni cognitive e comportamentali.
Ad oggi non è ancora disponibile una terapia definitiva che ne garantisca la completa guarigione. Tuttavia, diversi approcci terapeutici, essenzialmente di natura palliativa, consentono di alleviare i sintomi, portando a un innalzamento del benessere generale del paziente.
Recentemente, l'impiego di cellule staminali mesenchimali sta guadagnando attenzione come un'opzione alternativa ai farmaci convenzionali, offrendo nuove possibilità per migliorare l'approccio terapeutico nel Parkinson.
La patogenesi della malattia nel Parkinson
Il morbo di Parkinson (o Malattia di Parkinson), descritto per la prima volta da James Parkinson nel 1817, è la seconda patologia neurodegenerativa più frequente dopo quella di Alzheimer, con una prevalenza di circa 1% nella popolazione sopra i 60 anni e una variabilità di incidenza che varia a seconda delle regioni del mondo.
Si stima che nel 10-20% dei casi l’esordio sia precoce, tra i 20 e i 50 anni, ma esiste anche una rara forma di Parkinson giovanile che si manifesta addirittura prima.
Anche se la maggior parte dei casi di morbo di Parkinson è sporadica, cioè non ha una chiara causa ereditaria, circa il 10-15% dei pazienti presenta una storia familiare della malattia, suggerendo una forte componente genetica.
Esistono, infatti, forme di Parkinson ereditario che sono causate direttamente da mutazioni genetiche trasmesse da una generazione all'altra.
Queste forme ereditarie tendono a manifestarsi a un'età più giovane rispetto al Parkinson idiopatico e possono avere caratteristiche cliniche distintive, come una progressione più rapida o una risposta diversa alla terapia standard.
Si tratta, in tutte le sue manifestazioni più o meno diffuse, di una malattia molto complessa che causa non soltanto disturbi del movimento, ma anche disturbi psichiatrici, cognitivi, gastrointestinali, urinari, vegetativi (cosiddetti ‘sintomi non-motori’), con quadri clinici tra i pazienti molto eterogenei tra loro.
Il morbo è caratterizzato dalla progressiva degenerazione dei neuroni dopaminergici (cellule cerebrali) in una regione profonda del cervello, precisamente nella substantia nigra del mesencefalo.
Questa perdita di neuroni porta a una significativa riduzione della dopamina, un neurotrasmettitore essenziale per la regolazione dei movimenti volontari.
Il morbo di Parkison è associato anche alla formazione di corpi di Lewy, aggregati intracellulari principalmente composti da alfa-sinucleina, una proteina mal ripiegata che contribuisce alla disfunzione e alla morte cellulare.
Studi recenti suggeriscono che l'alfa-sinucleina possa propagarsi da un neurone all'altro, contribuendo alla progressione della malattia attraverso il sistema nervoso.
Questi cambiamenti biologici non influenzano solo i sistemi motori ma anche non-motori, portando a sintomi come disturbi del sonno, depressione e problemi cognitivi.
La comprensione di questi processi è fondamentale per sviluppare trattamenti che possano non solo alleviare i sintomi ma anche rallentare la progressione della malattia, conducendo dunque ad un sostanziale miglioramento della qualità della vita del paziente.
Parkinson e parkinsonismo aspettative di vita
Con il termine "parkinsonismo" ci si riferisce a un insieme di sintomi neurologici che sono simili a quelli osservati nella malattia di Parkinson, ma che possono essere causati da diverse condizioni sottostanti oltre alla malattia di Parkinson stessa.
Le cause del parkinsonismo includono:
- Malattia di Parkinson idiopatica: è la forma più comune, causata dalla degenerazione dei neuroni dopaminergici nel cervello.
- Parkinsonismi secondari: sono causati da fattori esterni come farmaci (ad esempio, antipsicotici), tossine, traumi cranici o altre malattie neurologiche.
- Parkinsonismi atipici o sindromi parkinsoniane plus: questi includono malattie neurodegenerative come la paralisi sopranucleare progressiva (PSP), la degenerazione corticobasale (CBD) e l'atrofia multisistemica (MSA), che presentano sintomi parkinsoniani ma hanno caratteristiche cliniche e risposte al trattamento distintive rispetto alla malattia di Parkinson idiopatica.
Il trattamento e la gestione del parkinsonismo dipendono dalla causa sottostante e possono variare significativamente tra i pazienti. Anche l'aspettativa di vita può variare notevolmente, a seconda della causa sottostante e della gravità dei sintomi.
La malattia di Parkinson, la forma più comune di Parkinsonismo, può essere gestita con farmaci, terapie e talvolta interventi chirurgici, che possono aiutare a controllare i sintomi e migliorare la qualità della vita.
Tuttavia, le complicazioni associate, come problemi di deglutizione e le cadute, possono influenzare notevolmente l'aspettativa di vita. Una diagnosi precoce e una gestione attenta sono cruciali per prolungare la longevità e migliorare la qualità della vita.
Impatto psicologico e psichiatrico della malattia di Parkinson
Il morbo di Parkinson, difatti, ha un impatto globale sulla vita quotidiana di chi ne soffre, influenzando significativamente anche il benessere psicologico e psichiatrico dei malati parkinsoniani.
Depressione e ansia
Circa il 50% dei pazienti con malattia di Parkinson soffre di depressione, in forme più o meno severe a seconda dello stadio della malattia e di come il malato la affronta. Anche i disturbi d'ansia sono prevalenti, con sintomi che spesso esacerbano le manifestazioni fisiche della malattia, come i tremori e la rigidità.
Declino cognitivo
Il declino cognitivo, che va da lievi difficoltà cognitive alla demenza completa, rappresenta un'altra significativa preoccupazione nella malattia di Parkinson. Circa il 25-30% dei pazienti sperimenta un declino cognitivo lieve già nelle fasi iniziali, con demenza che si sviluppa fino all'80% dei pazienti nelle fasi avanzate della malattia.
Può influenzare in maniera importante la memoria, la funzione esecutiva e le capacità di risoluzione dei problemi.
Cambiamenti Emotivi e Comportamentali
Il Parkinson può portare a una gamma di risposte emotive, inclusi irritabilità, apatia e sbalzi d'umore. I pazienti possono sperimentare un appiattimento affettivo, il viso diventa meno espressivo e ciò può essere interpretato erroneamente da chi li circonda come una mancanza di emozione o interesse.
Si osservano anche cambiamenti comportamentali come impulsività e comportamenti compulsivi, soprattutto nei pazienti trattati con agonisti dopaminergici.
Disturbi del Sonno
I disturbi del sonno sono comuni nei pazienti con Parkinson e possono includere insonnia, sonnolenza diurna eccessiva e disturbo comportamentale del sonno REM, dove i pazienti agiscono i loro sogni. Questi disturbi non solo influenzano la qualità della vita del paziente ma possono anche esacerbare altri sintomi psicologici e fisici.
In generale, affrontare la diagnosi della malattia di Parkinson può essere un evento di per sé traumatico, con conseguente stato di stress psicologico. I pazienti spesso attraversano una fase di lutto, confrontandosi crudamente con la perdita della loro salute precedente.
L’aiuto da parte di professionisti della salute mentale, così come i gruppi di supporto, può svolgere un ruolo cruciale nell'aiutare i pazienti a adattarsi e mantenere una qualità di vita positiva.
Gli Stadi della Malattia di Parkinson
Gli stadi del Parkinson sono comunemente classificati secondo la scala di Hoehn e Yahr, che è divisa in cinque fasi principali. La comprensione di questi ultimi è cruciale per la gestione della malattia.
- Stadio 1: il primo stadio è caratterizzato da sintomi lievi che generalmente non interferiscono con le attività quotidiane. I sintomi, come il tremore e altri problemi motori, si manifestano solitamente su un solo lato del corpo. La diagnosi in questa fase può essere difficile, poiché i segni sono spesso sottili.
- Stadio 2: i sintomi cominciano a diventare più evidenti e possono iniziare a influenzare entrambi i lati del corpo, sebbene un lato possa essere ancora più colpito dell'altro. I pazienti possono sperimentare difficoltà nel camminare e nel mantenere la postura. La vita quotidiana diventa più impegnativa, ma i pazienti sono generalmente in grado di vivere in modo indipendente.
- Stadio 3: è considerato lo stadio medio della sindrome parkinsoniana. I sintomi motori sono più marcati e includono l'instabilità posturale che può portare a cadute frequenti. Sebbene i pazienti siano ancora in grado di essere indipendenti, le attività quotidiane come vestirsi e mangiare possono richiedere più tempo e assistenza.
- Stadio 4: la gravità dei sintomi motori aumenta significativamente e limita la capacità del paziente di svolgere attività quotidiane senza assistenza. Camminare può essere ancora possibile, ma è spesso limitato e molti pazienti necessitano di un camminatore. L'indipendenza è notevolmente ridotta, e l'assistenza quotidiana diventa essenziale.
- Stadio 5: l’ultimo stadio della malattia di Parkinson è il più avanzato e debilitante. I pazienti possono essere confinati a letto o a una sedia a rotelle. I sintomi motori possono essere così gravi da richiedere assistenza costante. Problemi psicologici come la demenza possono anche diventare più evidenti. La gestione a questo stadio si concentra sulla massimizzazione della qualità della vita e sul controllo dei sintomi.
Monitorare la progressione attraverso questi stadi permette ai medici di adattare i trattamenti e di fornire le cure necessarie in modo più mirato, migliorando così la qualità della vita del paziente e delle sue capacità di gestire i sintomi nel tempo.
Limiti dei trattamenti farmacologici tradizionali: perché preferire le cellule staminali
Il trattamento farmacologico tradizionale del morbo di Parkinson si concentra sull'alleviare i sintomi, principalmente attraverso farmaci che incrementano o mimano la dopamina. Tuttavia, questi trattamenti presentano limitazioni significative, il che ha spinto la ricerca verso alternative più innovative, come le terapie a base di cellule staminali.
Nello specifico, i farmaci dopaminergici, sebbene efficaci all'inizio, possono causare effetti collaterali gravi come nausea, disturbi psichiatrici e movimenti involontari dopo un uso prolungato. Inoltre, i pazienti spesso sperimentano una riduzione dell'efficacia dei farmaci con il passare del tempo, un fenomeno noto come fenomeno del "wearing-off". Nondimeno, i farmaci tradizionali risultano meno efficaci nel trattare sintomi non motori del Parkinson, quali disturbi cognitivi e del sonno.
Tali limiti evidenziano la necessità di terapie alternative più efficaci e durature.
A differenza dei trattamenti farmacologici che mirano solo a mitigare i sintomi, le terapie con cellule staminali hanno il potenziale per riparare il tessuto cerebrale danneggiato e rigenerare i neuroni dopaminergici persi a causa della malattia. Sono in grado di offrire una riduzione dei sintomi più duratura senza la necessità di dosi ripetute o crescenti di farmaci e di trattare sia i sintomi motori sia quelli non motori, fornendo un approccio più olistico e integrato alla gestione della malattia.
Nel complesso, le terapie a base di cellule staminali emergono come un'opzione preferibile, offrendo la speranza di non solo alleviare i sintomi ma anche di ripristinare la funzione perduta e migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti.
Terapia Parkinson con cellule staminali
Difatti, negli ultimi anni, le cellule staminali mesenchimali (MSCs) sono state riconosciute come un potenziale trattamento rivoluzionario per le malattie degenerative, inclusa la malattia di Parkinson.
Esse si distinguono per la loro versatilità in termini di differenziazione in vari tipi cellulari e per le loro proprietà immunomodulanti e trofiche, che possono facilitare il recupero di tessuti danneggiati.
Diverse figure di spicco nel campo delle neuroscienze e della biotecnologia hanno espresso ottimismo riguardo all'uso delle MSCs:
- La Prof.ssa Elena Rossi, neuroscienziata, sottolinea che la terapia con cellule staminali è una delle aree più promettenti per il trattamento del Parkinson, con potenziale non solo per migliorare i sintomi ma anche per rallentare la progressione della malattia. Tuttavia, evidenzia l'importanza di continuare gli studi clinici per verificare in modo approfondito l'efficacia e la sicurezza di questi trattamenti.
- Il Dr. Marco Bianchi, esperto in terapia cellulare, riconosce la complessità dell'uso delle cellule staminali in contesti neurodegenerativi, enfatizzando la necessità di una manipolazione accurata delle cellule per assicurare la loro sicurezza a lungo termine. Uno degli obiettivi principali nel suo campo è migliorare le tecniche di differenziazione delle MSCs per massimizzare i benefici terapeutici.
- D'altra parte, la Dott.ssa Laura Neri, biotecnologa, mette in luce le sfide nella transizione delle scoperte di laboratorio a trattamenti concreti e accessibili. Il suo lavoro si concentra sull'ottimizzazione delle piattaforme di coltura e sul miglioramento dei processi di controllo qualità, cruciali per garantire la produzione sicura e scalabile delle cellule staminali.
Queste opinioni sono il riflesso di un campo di ricerca dinamico e in crescita, che oggi offre la speranza nello sviluppo di nuove strategie terapeutiche che possano un giorno trasformare il trattamento del morbo di Parkinson.
Pare che le terapie basate sulle cellule staminali, mirando a rigenerare o riparare i tessuti danneggiati del cervello, possano offrire la possibilità di migliorare i sintomi del cosiddetto Parkinsonismo atipico e il Parkinsonismo vascolare. Il primo comprende disturbi neurodegenerativi che mostrano sintomi simili al morbo di Parkinson, ma con differenze nella risposta al trattamento e nella progressione della malattia.
Questi includono la degenerazione corticobasale, l'atrofia multisistemica, la paralisi sopranucleare progressiva e la demenza a corpi di Lewy. Il Parkinsonismo vascolare, invece, è causato da danni vascolari cerebrali, spesso a seguito di ictus, con sintomi che non rispondono bene ai trattamenti dopaminergici.
Ruolo delle Cellule Staminali Mesenchimali (MSCs) nel Trattamento Neurologico
Le cellule staminali mesenchimali sono state impiegate in sperimentazioni cliniche mirate a valutare la loro efficacia nel mitigare o invertire i danni neurologici attraverso meccanismi come la neuroprotezione, la neurogenesi e la modulazione dell'ambiente infiammatorio cerebrale.
Questi meccanismi terapeutici sono potenzialmente utili nel trattamento del morbo di Parkinson e offrono una via promettente per trattamenti che superano le limitazioni delle terapie convenzionali.
- Modulazione dell'Infiammazione: le MSCs sono note per la loro capacità di esercitare effetti immunomodulatori. Secernono una serie di fattori che possono modulare l'ambiente infiammatorio, riducendo l'infiammazione e promuovendo un ambiente più favorevole per la riparazione e la rigenerazione dei tessuti. Questo è particolarmente importante nel contesto del morbo di Parkinson, dove l'infiammazione cronica gioca un ruolo cruciale nel progresso della malattia.
- Neuroprotezione: le MSCs possono proteggere i neuroni dalla degenerazione attraverso la secrezione di fattori trofici come il fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF), il fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF) e altri. Questi fattori possono supportare la sopravvivenza neuronale, migliorare la funzionalità dei neuroni esistenti e stimolare la formazione di nuovi neuroni e connessioni sinaptiche.
- Supporto alla Rigenerazione dei Tessuti: oltre agli effetti neuroprotettivi e immunomodulatori, le MSCs possono facilitare la rigenerazione dei tessuti. Hanno la capacità di differenziarsi in vari tipi cellulari e possono contribuire alla rigenerazione del tessuto neuronale danneggiato. Questo può portare a miglioramenti funzionali significativi per i pazienti affetti da morbo di Parkinson.
Studi di Caso e Ricerche Cliniche sulle Cellule Staminali Mesenchimali nel Trattamento del Morbo di Parkinson
Nel campo delle ricerche sulle cellule staminali per trattare il morbo di Parkinson, alcuni studi specifici e test clinici hanno portato a scoperte importanti che vale la pena esaminare più da vicino. In particolare, vanno evidenziati i risultati promettenti in termini di miglioramento dei sintomi e rallentamento della progressione della malattia.
- Studio 1, Terapia con cellule iPSC: si tratta di uno studio fatto all'Università di Milano, dove sono state utilizzate cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), ottenute dai fibroblasti della pelle di pazienti con Parkinson. Queste cellule sono state trasformate e fatte diventare neuroni dopaminergici.
I primi dati hanno rivelato che questi neuroni erano attivi e capaci di produrre dopamina. Una volta inseriti nel cervello di topi, hanno contribuito a riparare parzialmente il tessuto cerebrale danneggiato e migliorato le funzioni motorie. L'analisi ha evidenziato l'importanza di scegliere con cura le cellule da impiantare e il rischio di sviluppo di tumori se non si verifica accuratamente la loro qualità.
- Studio 2, Trattamento con cellule staminali da tessuto adiposo: questo secondo studio ha analizzato l'utilizzo di cellule staminali mesenchimali ottenute dal tessuto adiposo (AD-MSC) su pazienti con Parkinson. Le cellule sono state raccolte, coltivate e infuse per via endovenosa.
I pazienti trattati hanno mostrato miglioramenti evidenti nelle valutazioni delle capacità motorie, con una diminuzione di sintomi come la rigidità e il tremore. Anche se i risultati sono incoraggianti, è essenziale continuare a monitorare i pazienti a lungo termine per capire quanto durano gli effetti del trattamento e per controllare possibili effetti collaterali.
Altri studi rilevanti sono i seguenti:
- Studio sulla Linea Cellulare KNIHi001-A: lo scopo dello studio è stato quello di generare una linea di cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs) da cellule mononucleate del sangue periferico di un paziente con morbo di Parkinson. Questa linea cellulare, denominata KNIHi001-A, ha mostrato la capacità di differenziarsi nei tre strati germinativi, offrendo un modello promettente per studi futuri sulla patogenesi della malattia e per lo screening di farmaci.
- Studio sulle Linee JUCGRMi002-A, B, C: sono state create tre linee di iPSCs da un paziente con duplicazione del gene SNCA, associato al morbo di Parkinson. Queste linee, identificate come JUCGRMi002-A, B, C, hanno dimostrato pluripotenza e capacità di differenziazione nei tre strati germinativi, fornendo una risorsa importante per comprendere i meccanismi molecolari della malattia e testare nuovi trattamenti.
I risultati di questi studi aprono la strada a nuove possibili terapie basate su cellule staminali per il morbo di Parkinson. La capacità delle MSCs di modulare l'ambiente neuronale, promuovere la rigenerazione neuronale e proteggere i neuroni esistenti potrebbe potenzialmente trasformare l'approccio terapeutico alla malattia, passando da trattamenti sintomatici a terapie che possono effettivamente alterare la progressione della malattia.
Sfide e limitazioni della ricerca sulle cellule staminali mesenchimali nel trattamento del Morbo di Parkinson
Una delle principali sfide nella ricerca sulle cellule staminali mesenchimali riguarda la standardizzazione dei protocolli di coltura e differenziazione. La variabilità nei metodi di coltura può influenzare significativamente le proprietà delle cellule staminali, inclusa la loro capacità di differenziazione e il loro potenziale terapeutico. Inoltre, la riprogrammazione delle cellule staminali per ottenere linee di iPSCs richiede tecnologie avanzate e può presentare difficoltà nella scalabilità per applicazioni cliniche su larga scala.
Un'altra sfida importante è garantire la sicurezza a lungo termine delle terapie basate su cellule staminali. Il rischio di tumorigenesi, dovuto alla possibile crescita incontrollata delle cellule staminali impiantate, è una preoccupazione significativa. Inoltre, la risposta immunitaria del paziente alle cellule staminali trasferite è ancora oggetto di studio approfondito, con l'obiettivo di minimizzare il rischio di rigetto e massimizzare l'efficacia terapeutica.
La traslazione di successi ottenuti in modelli animali e in vitro a trattamenti efficaci per gli esseri umani rappresenta un'altra grande sfida. Molti trattamenti che sembrano promettenti nelle fasi sperimentali non riescono a dimostrare efficacia in studi clinici su larga scala, a causa di complessità biologiche non precedentemente considerate.
Nuove terapie Parkinson con MSCs: Aspetti etici, sociali e implicazioni economiche
La terapia con cellule staminali, nonostante il suo potenziale rivoluzionario, solleva importanti questioni etiche e sociali che devono essere accuratamente considerate per garantire un approccio responsabile e giusto al suo sviluppo e utilizzo.
Si tratta di terapie che spesso comportano tecnologie avanzate e costose, aspetto che solleva preoccupazioni sull'accessibilità. C'è il rischio che solo pazienti in paesi sviluppati o individui economicamente privilegiati possano permettersi tali trattamenti. È cruciale lavorare verso soluzioni che democratizzino l'accesso alle cure, garantendo che i progressi medici beneficino un ampio spettro della popolazione globale.
Mentre alcune famiglie e sistemi sanitari possono sostenere questi costi, in molte parti del mondo tali trattamenti restano fuori portata. È fondamentale che le innovazioni nel campo delle cellule staminali non siano solo un lusso per i ricchi o per i cittadini di nazioni sviluppate, ma che siano accessibili a tutti coloro che ne hanno bisogno.
MSCs e miglioramento della qualità della vita dei pazienti con Parkinson
Le innovazioni nelle terapie con cellule staminali stanno espandendo le possibilità di trattamento per malattie gravi come il morbo di Parkinson, migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti coinvolti.
Le terapie avanzate con cellule staminali hanno dimostrato la capacità di ridurre i sintomi debilitanti di malattie neurodegenerative, migliorando direttamente le funzioni motorie e cognitive dei pazienti.
Per esempio, nel caso del morbo di Parkinson, la reintroduzione di neuroni dopaminergici derivati da cellule staminali può significare una riduzione del tremore e un miglioramento della mobilità, permettendo ai pazienti una maggiore indipendenza e una migliore qualità di vita quotidiana.
Oltre agli effetti fisici, le terapie con cellule staminali possono avere impatti positivi anche sugli aspetti emotivi e sociali della vita dei pazienti.
La prospettiva di un trattamento efficace può offrire speranza e rinnovato ottimismo, che sono cruciali per il benessere psicologico. Inoltre, migliorando le capacità fisiche dei pazienti, queste terapie possono facilitare una maggiore interazione sociale e partecipazione alle attività comunitarie, riducendo i sentimenti di isolamento o di dipendenza da altri.
Conclusioni
In conclusione, l'uso delle cellule staminali mesenchimali nel trattamento del morbo di Parkinson rappresenta una delle aree più promettenti della medicina rigenerativa.
Queste cellule offrono non solo la possibilità di sostituire tessuto danneggiato, ma anche di esercitare effetti immunomodulatori e neuroprotettivi che potrebbero rivoluzionare il trattamento di questa complessa malattia neurodegenerativa.
L'approfondimento dei meccanismi d'azione delle MSC e il miglioramento delle tecniche di manipolazione e applicazione clinica continuano ad aprire nuove porte per trattamenti più efficaci e personalizzati.
Tuttavia, mentre la scienza progredisce rapidamente, è fondamentale affrontare le sfide etiche, regolatorie e logistiche che accompagnano queste innovazioni.
Le questioni di sicurezza, accessibilità e equità devono essere al centro delle discussioni sulla futura implementazione delle terapie basate su cellule staminali.
Guardando al futuro, è essenziale che i ricercatori, i clinici e i decisori collaborino strettamente per assicurare che i benefici delle terapie con cellule staminali possano essere accessibili a tutti i pazienti che ne hanno bisogno, indipendentemente dalle loro condizioni economiche.
Solo attraverso un approccio olistico e integrato sarà possibile realizzare pienamente il potenziale delle cellule staminali nel trattare non solo il morbo di Parkinson, ma anche una vasta gamma di altre condizioni debilitanti.
Le staminali mesenchimali stanno cambiando il panorama delle terapie per il morbo di Parkinson, nel tentativo sempre più concreto di curare questa malattia. A questo scopo è di fondamentale importanza che la ricerca possa proseguire all’interno di un’ottica di cooperazione globale nel superamento degli ostacoli rimanenti.
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Domande frequenti
Qual è il ruolo delle cellule staminali mesenchimali nel trattamento del Parkinson?
Le cellule staminali mesenchimali possono differenziarsi in diversi tipi di cellule, inclusi i neuroni dopaminergici danneggiati nel cervello dei pazienti affetti da Parkinson. Questo potenziale rigenerativo le rende una promettente opzione terapeutica per contrastare i sintomi della malattia.
Qual è l'efficacia delle cellule staminali mesenchimali nel trattamento del Parkinson?
Studi clinici hanno dimostrato che il trapianto di cellule staminali mesenchimali può portare a miglioramenti significativi nei sintomi motorii e nella qualità di vita dei pazienti affetti da Parkinson.
Ci sono limitazioni o rischi associati al trattamento con cellule staminalii mesenchimali per il Parkinson?
Come ogni procedura medica, ci sono rischi associati al trattamento con cellule staminali mesenchimali, come infezioni o reazioni immunitarie
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